Jo la piazza

Maria Lodovica Mazzurini

 

Maria e la mamma Agostina

 

Nata a Roma, diplomata alla Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori in inglese e russo. Ha lavorato molto a Genova per un centro di traduzioni e interpretariato ed ha viaggiato molto per lavoro. Ma la sua passione piu¹  grande è sempre stata la musica.  Ha iniziato a suonare la chitarra a undici anni e da allora non ha mai smesso.  Non ha mai imparato a leggere e scrivere la notazione musicale, ma se la cava molto bene lo stesso.  Qualche anno fa ha preso lezioni da un bravo tecnico del suono per imparare ad usare i programmi di home recording  per cui è diventata ancor più¹ indipendente, della serie se la canta e se la suona.  Nel suo caso se la arrangia e se la mixa anche.  In generale lei non ama molto essere al centro dell’attenzione e che in tutta la sua vita ha suonato davanti a un pubblico solo due volte, cantando canzoni non sue. Il papà era nato a Gorizia, ammiraglio di marina ma bravissimo con il violino. La mamma Narduzzi Agostina, quindi cosa potevate aspettarvi: una musicista “di famiglia” nonché una brava pittrice ed una persona squisita.

Qui potete ascoltare i suoi brani

 

 

 

 

The Singer Mary.....sonorità pittoriche


 
Una voce perfettamente equilibrata senza sbavature è quella che si insinua nell’animo all’ascolto dei tredici brani scritti e musicati dalla cantautrice Maria Lodovica Mazzurini. Un’emissione vocale mai capricciosa, umorale, che si pone pacatamente nelle tonalità ricchissime di armoniche, come chi si appresta ad ammirare quadri evocativamente tranquilli.
Emerge chiaramente, per chi non la conoscesse, la celata  pittrice: suppongo che la coloratura vocale le arrivi proprio attraverso quest’ultima passione, un virtuoso passaggio tra i due sensi più abusati. Nei vari brani si aggira curiosa come fra figure murali, quasi cariatidi che sembra sostengano il principesco palazzo, con cortili invitanti e una lussureggiante cornice arborea.
Per descriverla tralascerei volutamente la parola ‘Arte’, sempre improvvida; questo suo modo di porsi equivale a lasciarsi scorrere davanti agli occhi una tavolozza di tenui cromatismi che rappresentano, in ordinate sequenze, i momenti più emozionanti della sua esistenza: dalla mutezza, accessibile solo al divenire degli accordi infiniti, emerge un mondo interiore sempre uguale e diverso. Il suo viatico musicale ricorda il moto perpetuo, per la granitica personalità che si esprime circolarmente in una purezza tonale che non fa intravedere l’inizio e la fine.
La trasposizione da un registro ad un altro rivela uno stile che fa oscillare all’unisono l’ascoltatore rendendo porosi gli strati dell’Io più difeso, in una sorta di canto liberatorio. Come una leggera incursione in territori altrui lascia contemplare a lungo se stessi, di questo passo si potrebbe approdare alla visione di un mirabile acquarello, misura della sua unica devozione, che è rivolta alle immagini.

Massimo Fornicoli

 

 

 

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