Jo la piazza

Alle falde orientali del monte Cimino, adagiato su una rupestre collina che si prolunga verso oriente e bagnata, in origine, da due fossati, si trova Vallerano; paese di circa duemilacinquecento abitanti, la maggior parte contadini.
E  circondato da colline verdeggianti di castagneti, noccioleti e vigneti. In questo piccolo centro ho visto la luce in una fredda mattina di Gennaio deI 1921 e precisamente verso le ore otto del giorno 7, in una camera del primo piano della casa del nonno materno, in Via S. Vittore. Le sue finestre, della suddetta camera, davano su Via Nanini, davanti alla casa dove stava la nonna Santina, madre del babbo, che abitava con la zia Eleonora, sorella di mio padre. Io e mio fratello Cleo si stava spesso dalla zia che, specie per me, aveva un affetto particolare.
Fino all etA  di quindicianni, cioe  quando per la prima volta lasciai Vallerano per recarini a studiare a Roma, prima la piazza di S. Vittore e poi Vallerano, erano, per me, il centro del mondo intorno al quale giravano tutti i miei sogni e le mie immaginazioni. Con la mia nascita, gli amici e i parenti solevano dire che ai miei genitori era calata la befana.
Nacqui molto piccolo e malaticcio: ero pieno di sfogo, e, forse per la salute poco buona che avevo, piangevo sempre e stavo perfino per morire tanto che mi dovettero portare nella chiesa con urgenza per amministrarmi il santo battesimo, e cosi  vennero improvvisati anche i padrini che furono: lo zio Martino, fratello della mamma, e la zia Assunta Ottavianelli, sorella di zio Annunziato, alla quale un anno prima le era morto il marito, un fratello del babbo, che chiamavamo Licinio ma che in realtA  si chiamava Lilio, e fu cosi  che mi misero il nome di Lilio, e come secondo nome, Ubaldo. Dopo essere stato battezzato, la mia salute ando  migliorando a poco a poco, sempre pero  rimanendo gracile.
Il babbo Nello, era l ultimo di tredici figli dei quali, quando nacqui io, erano in vita solo sei: quattro femmine e due maschi; era nato il 30 marzo del 1893 ed era rimasto orfano di padre quando aveva appena due anni. La nonna, Santina Gregori, donna molto buona e religiosa morta nel 1945 alla bella etA  di novantasei anni; aveva portato avanti la numerosa famiglia senza risposarsi; con molti sacrifici. Il babbo, all etA  di diciotto, entro  a suonare la tromba nella banda cittadina che allora era diretta dal maestro Adriano Floridi, e quando nacqui io, mio padre copriva la parte della prima tromba solista.
La mamma, Onorina Lucrezia Cioccolini, era nata il 12 novembre del 1893, ed anche lei era l ultima di undici figli dei quali, quando nacqui io, erano in vita solo cinque: tre maschi e due femmine. Un anno prima che io nascessi era morta la nonna Elisabetta Biagiarelli, madre della mamma. Il nonno, Giovanbattista Cioccolini era nato, come la nonna Santina nel 1849, ed era stato guardia giurata di Augusto Ricciardi, uno dei piu  ricchi di Vallerano e dintorni.
Augusto Ricciardi, in origine, era un contadino che aveva un po  di pecore e che mandava a pascolare per mezzo di un giovane garzone. Una sera il garzone torna a casa portando con sé, un lingotto d oro che lui, non conoscendo tale metallo, aveva preso per un qualsiasi pezzo di ferro. "Guarda, sor Augusto questo ferro "; "Come e dove l hai trovato? "; "Per riprendere una pecora, che era scappata, in una grotta. In un canto di questa c era una cassa tutta piena di questo ferro "; "Dove sta questa grotta? " "Nel burrone sopra il fossato ". ii garzone gli spiega dove si trova la grotta. Augusto, che ben conosceva l oro, prende il lingotto, e dopo averlo soppesato, lo getta, con noncuranza, da una parte. E  un pezzo di ferraccio senza alcun valore ". Lascia cadere il discorso. Poco dopo, senza dare molta importanza, dice: "Domani riposati che e  molto tempo che non prendi un po  di riposo; vado io con le pecore ". Cosi  fu che, nottetempo, ando  col somaro e porto  a casa tutto l oro che era nella cassa. Era stato lasciato dai soldati francesi durante le campagne napoleoniche.
Ricciardi si compro  case e terreni, sia a Vallerano che a Corchiano ed in altri paesi vicini. Con lui si arricchirono molti. Era scapolo. Lascio  una congregazione di caritA  e uno ospedale. Aveva un figlio, fatto con una serva, e che era stato messo nell ospizio, al quale non lascio  nulla e nessuno sapeva di questo figlio. Quando, nella guerra  15-  18, fu chiamato alle armi, si seppe che era figlio di Augusto Ricciardi. Gli eredi presero questo "sconosciuto" come uomo di fatica. Augusto Ricciardi mori  il 7 luglio del 1907 e, tra l altro, lascio  scritto che ogni anno la banda doveva suonare una marcia funebre durante la messa che si celebra in suo onore il 7 luglio, come ora ancora avviene. Al figlio non lascio  nulla. Quelli che avevano conosciuto Ricciardi, dicevano che il figlio somigliava tutto al padre.
Solo mio nonno Giovanbattista, con la sua onestA , di tutti quelli che erano vicino a Ricciardi, non si era approfittato mai di nulla. Il nonno, lo ricordo seduto accanto al grande camino, appoggiato al suo bastone, portava una lunga barba bianca e raccontava i fatti antichi e spesso, come succede alle persone anziane, dimenticando d averli raccontati, tornava a narrarli.
Mori  una sera del 1929 di ernia strozzata. Lo ricordo ancora, seduto sul letto che vomitava dentro una bacinella tenuta dalla mamma.

 

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