Jo la piazza



Io e mio fratello Cleo, nato il 14/08/1922, dormivamo nello stesso letto accanto ad una delle due finestre che davano sulla Via Nanini. Di fronte vi erano le finestre della casa dove abitava la famiglia di Florido Forliti; a questi gli piaceva scherzare e dalla propria finestra parlava spesso con mio fratello chiamandolo “Caco”, (il nome di Cleo storpiato). Una mattina gli dice: «Caco, se cachi sul letto ti regalo una caramella ». Mio fratello promette, infatti la mattina dopo sul letto, mia madre trova la sorpresa. Non sa spiegarsi come mai il figlio, cosi’ pulito, sporcasse il letto. Questo giochetto va avanti per qualche mattina. Infine, una mattina che la mamma ritorna presto, piu’ del solito, dall’essere andata al lavatoio a lavare i panni, sorprende mio fratello che, dalla finestra, chiamava il vicino di fronte: «Fofo », cosi’ chiamava Florido, «ci ho cacato! La caramella? ». Nel mentre entra la mamma e gli fa il sedere rosso dagli schiaffi. Inutile dire che in seguito il letto ritorno’ sempre pulito.

Durante il giorno si stava molto dalla zia Eleonora. La nonna Santina, di nascosto dalla zia, ci regalava dei dolci che a lei, a sua volta, le erano stati regalati.
Un giorno, mentre lo zio Fabrizio (marito della zia Eleonora) con un muratore stavano accomodando gli stipiti del camino, si seppe la notizia che lo zio Paolino, marito della zia Romelia, l’avevano ammazzato mentre, la sera avanti, rientrava a casa. Lui, con la famiglia, abitava in campagna nella localitA’ “Talano” di proprietA’ del podestA’ di Vallerano, Lelle Marcucci. Lo ammazzarono per prendergli i soldi che portava con sé.
Un’altra casa che si frequentava spesso, era quella di zia Antonietta, anche lei sorella di mio padre. Il marito, lo zio Annunziato, era fratello della mia madrina di battesimo. Avevano solo una figlia: Maria Luisa, la quale era sordomuta e che tenevano a Roma nell’Istituto Sordomuti di Via Nomentana. La zia Eleonora non aveva figli e tutto l’affetto lo riversava sui nipoti specie quelli della mia famiglia.

La nostra famiglia, intanto, cresceva di numero: nel 1924 nasceva mia sorella Fasma, e precisamente il 7 di Aprile. Il nome, da una opera lirica che il babbo aveva suonato quando era nella banda musicale militare a Palermo. Nel 1926 il 29 Luglio, nacque Paola, nel 1928, il 13 Gennaio, Giuseppe (Peppe), nel 1930 il 14 Gennaio, Umberto, chiamato cosi’ in omaggio al principe Umberto di Savoia che si era sposato nei primi di Gennaio. Siccome Umberto fu il primo a nascere quell’anno, ebbe in regalo, dal comune, lire cento che gli furono messe sul libretto postale.
Dopo la morte del nonno, io e Cleo fummo messi a dormire nella cameretta dove dormiva il nonno, mentre le sorelle dormivano nel lettino accanto alla finestra della camera grande. In seguito, crescendo la famiglia, fu messo un letto nella cucina, al pianterreno, sotto la scala di legno che portava nelle camere al primo piano.
Il babbo, essendo un bravo musicante, aveva quattro o cinque allievi per Io studio della musica e, nelle lunghe sere d’inverno, dopo la lezione, il maestro e gli allievi si mettevano a giocare con le carte, mentre io, seduto sul dicciolo (un pezzo di tronco d’albero) messo in un lato interno del camino, facevo i compiti di scuola e la mamma, seduta davanti allo stesso camino, con accanto una cesta (recipiente di vimini) piena di panni, rattoppava. Di questi anni ricordo le serate nel periodo di Carnevale che si ballava al suono dell’organetto suonato dallo zio Martino e quando nella mattina del giorno della befana, trovavamo, sotto la cappa del camino, le calze piene di caramelle e quelle piene di carbone, assieme ai cavallucci, ai fucili e alle “pucce” (piccole bambole costruite la sera avanti mentre noi si dormiva, dalla mamma.
La mia befana piu’ bella, fu quella calatami in casa del compare Nicola, padrino della cresima. Era un bell’albero pieno di ogni ben di Dio e tra l’altro un bel cavallo a dondolo foderato di panno bianco, che mi piacque tanto. L’albero, cosi’ come si trovava, lo porto’ a casa nostra, mio cugino Esilio, figlio della zia Costanza, sorella della mamma.

Spesso il babbo e lo zio Annunziato si aiutavano nelle lavorazioni della campagna e quando una delle lavorazioni, specie la zappatura, terminava, si facevano le fricciolose, specie di frittelle molto fine e arrotolate. In una di queste sere, mentre la “Insalatiera” colma e fumante di fricciolose era pronta sul tavolo per festeggiare, si ode bussare alla porta: «Chi e’? » «Nello, sono io ». Era Adriano Floridi, il maestro della banda musicale, del quale il babbo aveva un pezzo di vigneto (il paradaio) a mezzadria. Subito viene aperto e lui, vedendo quello che fumava sopra al tavolo, «Oh! Mi scusate », poi volgendosi al babbo; «Volevo sapere se domani potevi venire, col somaro, per quel lavoro che giA’ sai ». Logicamente fu invitato a trattenersi con noi, «Ho cenato proprio ora » « Su via, due fricciolose non ti fanno male» «Ma giusto per gradire ». Si siede, con noi, a tavola ed inizia a mangiare. Per fortuna che giA’ aveva cenato, altrimenti addio fricciolose.

Andavo spesso col babbo quando andava a suonare e venivo spesso adoperato come leggio: mi appoggiavo il libretto delle marce sulla testa e il babbo, cosi’, poteva leggere mentre suonava. Durante i servizi di palco, stavo seduto ai piedi del babbo che suonava, aspettando la fine del pezzo per raccogliere i confetti che buttavano gli ascoltatori. Io stesso, in quel periodo, radunavo spesso i ragazzi, miei coetanei, del quartiere di S. Vittore e, nella piazza omonima, che era il nostro quartiere generale e dove le vicine era sedute sulle scale di casa a lavorare, io tenevo concerti, col diletto di tutto il vicinato. Logicamente il maestro direttore ero io stesso che suonavo la prima tromba. Gli strumenti musicali consistevano in pezzi, piu’ o meno lunghi, di vimini ripiegati secondo le varie forme degli strumenti.

 

 - - - By CrazyStat - - -